Non capire il Giappone by Edoardo Lombardi Vallauri;

Non capire il Giappone by Edoardo Lombardi Vallauri;

autore:Edoardo, Lombardi Vallauri; [Lombardi Vallauri, Edoardo ]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Intersezioni
ISBN: 9788815410177
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2023-08-15T00:00:00+00:00


XIX

Mai in ritardo

Ancora di meno, possiamo competere in puntualità.

La prima conferenza che ho tenuto in Giappone era prevista e annunciata alle cinque del pomeriggio. Mi è stata data la parola alle 17:00:00. In questo paese tutto inizia in orario. Tutto avviene in orario. Tutto transita in orario. Gli shinkansen sulla tratta da Tokyo a Osaka fermano a Kyoto, e negli orari di punta ce ne può anche essere uno ogni tre minuti. Non ci sono infiniti binari, e del resto in Giappone tre minuti vanno benissimo come intervallo fra un treno e l’altro, perché arrivano e ripartono sempre entro il minuto previsto. Le persone che devono scendere lo fanno in una manciata di secondi, e altrettanto in fretta salgono i nuovi occupanti. Ciascuno si prepara in anticipo nel punto esatto, e nessuno mai si metterebbe a perdere tempo, neanche 10 secondi chiacchierando, fumando, accudendo il bambino, ricordandosi all’ultimo di estrarre la grande valigia. La necessità di non danneggiare tutti prevale sull’ispirazione personale del momento.

La puntualità non riguarda solo queste piccole cose, ma anche quelle grandi e grandissime. Per i giapponesi è chiaro quello che non è chiaro a noi, cioè che il ritardo è un venir meno alla parola data, quindi oltre che un danno all’altro è anche una mancanza di rispetto per lui, la dimostrazione che si ritiene di poter disporre di quella persona a proprio piacimento. Insomma, una schifezza.

Nella primavera del 2005, come faccio sempre quando arrivo a Tokyo, andai all’Istituto Italiano di Cultura per salutare il direttore. Non conoscevo ancora Alberto di Mauro, che nel 2003 era subentrato all’amico Silvio Marchetti, e fui lieto di parlare al telefono con lui. Mi diede appuntamento in uno dei primi giorni di aprile, avvertendomi che il vecchio Istituto come lo conoscevo io non esisteva più, che l’elegante villa e il suo piacevole giardino erano stati sostituiti da un palazzo di 14 piani in costruzione, progettato da Gae Aulenti. Mi disse che l’Istituto aveva preso temporaneamente in affitto due piani dell’edificio di fronte.

In effetti, dalle finestre della sede temporanea si vedeva ormai in gran parte costruito il grande palazzo rosso e bianco, con cui la Aulenti aveva voluto rivolgere un originale omaggio architettonico all’uso giapponese delle lacche. Ho diversi ricordi di quella piacevole conversazione con di Mauro, ma una cosa più delle altre mi è rimasta indelebilmente impressa. Guardando insieme i lavori in corso, il direttore mi aveva detto che la consegna del palazzo da parte della ditta di costruzioni era prevista per la fine di settembre di quell’anno, cioè di lì a sei mesi. Poi parlammo un po’ di un interessante congresso che stavano organizzando, a cui mi invitò a partecipare. «Inizia il 5 ottobre», mi disse. Gli chiesi dove si sarebbe svolto: se avrebbero usato un centro congressi o se invece c’era una sala abbastanza grande al piano di sotto della sede provvisoria, che ancora non avevo visitato. Mi rispose che no, si sarebbe svolto già nella nuova sede definitiva dell’Istituto, nel palazzo di Gae Aulenti. Ma come, chiesi io: se la fine dei lavori è prevista alla fine di settembre.



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